La Ferrari ha annunciato che dalla gara di questo fine settimana le monoposto saranno spinte da un motore evoluzione 2 per la stagione 2019. In sintesi si tratta del secondo dei motori utilizzabili a fronte dei tre, nell’arco dell’intero campionato.
La evoluzione 2, per il motore m.y. 2019, è caratterizzata da una evoluzione globale delle parti interne sia per quanto riguarda la composizione chimica dei materiali sia per le evoluzioni dei prodotti di combustione e di lubrificazione.
Si tratta di 3 macro componenti di un nuovo sistema di “realizzazione” della potenza composta dalla parte termodinamica (accensione della composizione aria combustibile) e dalla meccanica che la trasforma in moto da trasmettere tramite cambio differenziale e semi assi la potenza alle ruote che potrebbe essere superiore anche di 20cv.
Tra la parte termodinamica ed il moto sono interposti i pistoni che devono pertanto sopportare sia delle sollecitazioni termiche molto elevate, sia accelerazioni positive e negative, in moto alterno, altrettanto elevate in frazioni di tempo che sono valutate in frazioni di micro secondi.
Le capacità strutturali dei pistoni sono pertanto uno dei cardini su cui cercare di inserire le nuove tecnologie che hanno una derivazione aerospaziale, sia per le componenti del materiale e la tipologia di realizzazione degli stessi.
Dopo almeno un anno di lavoro, Corrado Iotti e Guido Di Paola, al vertice del settore meccanico della componente “power unit” di F.1 alla Ges di Maranello, hanno ottenuto una nuova base su cui appoggiare gli ulteriori sviluppi del “motore 3” di questa stagione e di quelli da utilizzare nel prossimo anno, quando alcune parti del pistone saranno caratterizzati da componenti metalliche di nuova generazione ed ora alle simulazioni al computer..
Il loro risultato, che ha superato agevolmente tutti gli obiettivi richiesti sull’affidabilità e prestazioni sulla distanza, mantenendo i livelli di potenza massima entro uno scarto dell’ 1-2% massimi, in abbinamento con i nuoci combustibili ed oli, è scaturito in una nuova serie di pistoni realizzati con materiale di matrice metallica prossima all’acciaio 42CR MO 4.
Componente che è stata lavorata in modo tale, tramite le nuove e più sofisticate stampanti in 3D, da ottenere la massima resistenza meccanica con pesi che sono risultati molto contenuti anche a fronte dei più sofisticati e tradizionali pistoni dello stesso acciaio ed abbastanza vicini all’alluminio per non gravare in sollecitazione sulle bielle a loro volta in evoluzione.
La nuova tipologia strutturale delle parti che supportano il cielo del pistone, a diretto contatto con la componente termodinamica del sistema quando si sviluppano circa 380.000 calorie ogni frazione di micro secondi, sono state realizzate con un sistema “portante” a nido d’ape che consente di avere una maggiore rigidezza strutturale, un minor peso rispetto al “pieno” ed un maggiore, continuo e diffuso, raffreddamento a fronte della penetrazione dell’olio anche con una pressione del getto a minore pressione.
Questi nuovi pistoni devono supportare una maggiore pressione all’interno della camera di scoppio in funzione di nuovi parametri stechiometrici del rapporto aria e combustibile con caratteristiche proprie ancora più spinte a fronte delle attuali, grazie anche ad un nuovo sistema d’accensione della miscela che per certi aspetti si ispira ai concetti del motore diesel.
L’obiettivo in questa direzione sarebbe quello di ridurre sempre di più l’influenza del compito sinora svolto dalla candela d’accensione, trasferendone e migliorandone gli effetti, ad un sistema di iniezione del combustile con pressioni e tempistiche più sofisticate, standardizzate a 0,025 microsecondi.
Il sistema fa capo al TJI (Turbulent Jet Ignition System) con camera di pre combustione da cui parte la fiamma di accensione generata da un micro-iniettore “Turbulent Jet” che ha richiesto un inedito disegno della testata del pistone e relativi incavi in funzione del posizionamento delle valvole.