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Che lunedì di “straordinaria” amministrazione aL P.S. del Policlinico

Lunedì mattina mi sono dovuto recare al P.S. del Policlinico per una cosa che reputavo banale, ma passaggio obbligatorio, burocratico, per poter accedere al P.S. di Otorino in quanto un condotto che scarica il “secreto” prodotto dalla parotide in bocca risultava intasato da possibili calcoli come giù registrato senza successo di guarigione, il 15 ottobre.

Una guancia destra simile ad una pesca “abbondante”e quando mi avvicino alle 9.36 allo sportello, l’addetta mi domanda che cosa avessi al sopracciglio destro gonfio, tumefatto, e con una abrasione. Ho spiegato a cosa fosse dovuto e tutto è immediatamente cambiato “trauma facciale” con possibile coinvolgimento interno e poi il problema otorino.

Alle 9.39 ero “braccialettato” con tutti i dati personali leggibili e Q code allegato con tutti i dati vitali registrati.

Poi è iniziata una lunga attesa in cui dall’accesso ambulanza era un continuo accesso diretto all’interno, altrettanto frequentato l’accesso “pediatria”, mentre in altro accesso una dottoressa cercava di esaminare, indirizzare e smistare i traumatici, inviati subito al reparto analisi prelievi e registrazioni strumentali raggi, risonanze e tac.

Un lavoro incessante mentre dallo schermo in sala d’attesa arrivavano le chiamate per l’accesso alla “presa in carico”. Ogni tanto si sente qualcuno del personale che domanda, a chi evidentemente gli è superiore, dove andare recuperare barelle, annuncia che stanno arrivando codici rossi, insomma anche se la scritta rossa dell’emergenza rimane spenta si capisce che, oltre al dover pazientare, l’accesso è oltre alla norma, molto oltre, specialmente con le persone anziane.

Qui facciamo un inciso: la domanda ricorrente è come avvertire un parente, se esiste. Sul telefonino dovrebbe essere obbligatorio che il numero del parente più prossimo fosse inserito alla voce unica ICE. acronimo sintetico di numero da chiamare In Caso d’Emergenza.

L’attesa si fa veramente lunga ma d’altronde il solo vedere il numero di barelle che arrivano dall’ingresso ambulanze è continuo, ma il personale che vedi muoversi senza rigirarsi i pollici è sempre lo stesso con qualche piccola aggiunta, specialmente nel momento in cui vi è il passaggio di cambio turni .

Appare il mio numero in chiamata e mi fanno entrare dalla porta scorrevole e per raggiungere la postazione “degenza 7/8 ” dove vi è il medico che mi prende carico devo fare uno slalom, non facile visto che cammino da 7 anni con le stampelle, per un intervento con esito molto dubbio, nei passaggi non certo ampi tra barelle, seggette e sedie dove vi sono persone con le flebo inserite.

L’ovvio interrogatorio anamnestico è particolareggio e lo smartphone entra ripetutamene in azione per fornire tutti dati relativi alle vaccinazioni ed alle medicine di prassi. Oltre ad una delle patologie che mette subito in ulteriore allarme. Per prima cosa mi viene detto che devo essere sottoposto alla TAC e poi sarò fatto salire all’8° piano dove hanno già avvertito otorino.

Domando: se aspettando il turno tac posso anticipare la salita ad otorino: “assolutamente” NO perché solo dopo l’esito della tac sarà definita la procedura per proseguire .

Quando arriva il mio turno, per essere portato alla tac 50 metri a piedi vi sono i tempi del trasporto per cui mi offro di far lasciare libero il personale dedicato, 2 persone in tuta rossa, a disposizione di persone più “bisognose” accettano in quanto accompagnato da un addetta che sta riportando un RX mobile nella sua sede. Vengo comunque scortato all’attesa TAC dove ho l’accesso immediato con la somma preoccupazione del tecnico che temeva che fossi in attesa sul luogo da tempo.

Rientrato nella mia postazione, quando arriva la refertazione tac mi annunciano il trasferimento all’8° piano ma questa volta il trasferimento accompagnato con seggetta è obbligatorio con 2 persone anche se non vi è una barella disponibile.

In otorino inizia la parte più dolora della giornata con un intervento che vede apparire sulla mia lingua di 3 sassolini di 1.2 millimetri di diametro. Una espulsione che non consente comunque lo spurgo di quanto in giacenza, anestesia e 4 persone dedicate che visto che la cosa è più grave mi consigliano di posticipare il tutto a venerdì prossimo alla mattina, quando evidentemente vi è più personale che dovrà “intervenire” più pesantemente.

Uscendo incrocio, sempre accompagnato, la barella in alluminio che è il peggiore presagio possibile ed immaginabile, cui tutti prima o poi siamo destinati.

Mi consegnano il referto che devo riportare al dottore che mi ha preso in carico e che dispone la lettera di dimissioni che mi viene controllata più volte prima di essere riammesso alla sala d’attesa.

Sono quasi le 20.00 e la sala del P.S. è ancora più piena, non un metro libero fatto salvo il dover passare con una certa difficoltà e mentre esco incrocio l’ennesimo acceso di una barella dalla sala ambulanze.

Un racconto d’obbligo nel confronto di queste donne e uomini che si sono prese l’attenzione di alcune parecchie centinaia di persone anche se con la sanità modenese del Policlinico ho un credito.

Ma onore e ringraziamento a chi lo merita che abbiamo visto spesso supportato da agenti della sicurezza interna in quanto il solito purtroppo extra in mattinata aveva alzato un pò troppo, molto troppo la voce.

Grazie al loro lavoro e scusate la lunghezza,