Quello che era il pensiero di base, per quanto è successo e succederà ancora in Red Bull, sta diventando pian piano realtà e sta a dimostrare come all’origine di quello che si può definire un “disfacimento” nella casa anglo austriaca vi sia la morte del suo patron Dietrich Mateschitz.
L’uomo forte che sapeva gestire appieno tutte quelle che erano le tensioni interne, alla caccia del potere personale, e che sapeva amalgamare quelle che erano le necessità per ottenere il successo a capo del grosso investimento economico e pubblicitario, prendendo le decisioni importanti in prima persona.
I suoi eredi, come quasi sempre accade in queste situazioni in quanto anche non sono stati opportunamente addestrati, non hanno saputo essere alla sua altezza, di patron ed anche forse di pompiere, e subito le lotte intestine hanno portato un domino di disgregazioni ai vertici della squadra di F.1 in cui l’unica cosa che sembra si sia salvata, ma ancora non è detto in funzione dei programmi per il 2026, è la costante Verstappen .
Oltre alla scomparsa del patron a creare amor più scompiglio, che si mormora sia stato opportunamente pilotato e creato ad arte, è stato l’affaire Horner che si può dire che sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso ed anche l’intervento, dell’altro socio di base della Red Bull, non è stato sufficiente per calmierare l’ambiente.
Palesemente, gli ultimi mancati risultati in pista sono diventati concreti proprio a partire dell’indomani della prima uscita importante, quella di Adrian Newey, dal vertice della F.1 cui a seguire ne hanno fatto seguito altre senza che il tutto possa definirsi concluso.
Altra opinione diffusa è che, se oltre al campionato costruttori che nella stessa Red Bull viene dato per perso si dovesse allegare anche quello piloti, della scuderia campione del mondo potrebbero rimanere solo le ceneri.