Soprattutto nelle curve ad alta velocità in casa Red Bull si aspettavano di più di quella che si è manifestata essere la realtà dei fatti. Il rapporto “strumentale” aveva portato a doversi garantire un livello di prestazioni che, sulla competitività della monoposto in pista, non si è concretizzato, anche in funzione di alcune di quelle che sono state le basi dell’affidabilità
La pista ha sancito che di fondo vi sono due problemi che non si riescono a risolvere: la RB 20 non è così performante in pista a fronte di quello che sarebbe scaturito dalle simulazioni nel reparto corse, cui si contrappone la sensazione di essere sempre al limite a fronte di un inizio di stagione con l’evidente difficoltà di trovare quel bilanciamento che nel passato era l’arma vincente.
Bilanciamento ideale che richiede molto più impegno del previsto in funzione della complicità di alcuni problemi legati alla complessità del progetto, da cui è nata la RB20, ed anche da quelli sono gli assetti consigliati dal simulatore.
Nell’inizio della stagione, si sono visti i risultati, la Red Bull, per stessa ammissione di Max Verstappen, sembrava essere una vettura più semplice da mettere a punto rispetto al modello precedente ma, con il prosieguo del campionato, con la maggiore competitività delle avversarie che da brutti anatroccoli sono diventate cigni, sono emersi i limiti di bilanciamento ed il tutto si è concretizzato con quelle che sono state prestazioni e risultati di Sergio Perez, arrivato sull’orlo del licenziamento e salvato dal suo mentore Carlos Slim.
Al contrario di quello cui certe volte ricorreva Mauro Forghieri, ripartendo dal lavoro di reparto dopo le prove libere, in Red Bull si sono trovati a dover partire da zero in pista, ovvero gettare alle ortiche il lavoro nella giornata del venerdì, dover fare un passo indietro, per capire come rendere più confortevole come è diventato abituale affermare, e meno al limite la RB20.