La Mercedes, nell’analisi del dopo gara relativa al G.P. d’Ungheria, ha implicitamente confermato come tra il dire ed il fare non vi sia solo un mare ma un vero oceano in F.1.
Una conferma a fronte di quello che da tempo stanno affermando in Ferrari dove tra quelle che sono le aspettative annunciate prima delle gare e quello che poi si concretizza sotto la bandiera a scacchi vi sono delle grosse difformità.
Tali da far ipotizzare speranze di vittorie o zona podio che poi si materializzano solo in presenza, striminzita, in zona punti. Il tutto guarnito da problematiche gestionali relative all’effettivo comportamento della monoposto quando dal simulatore si passa alla pista.
In Mercedes hanno riscontrato che il non soddisfacente risultato che ha fatto seguito alla prima pole di stagione sia da imputarsi ad un errata valutazione del rendimento della monoposto in gara a fronte di quelle che sono state le impostazioni a fronte dei dati scaturiti dalle simulazioni reparto corse.
A tradire, pesantemente, il 7 volte campione del mondo ed il compagno di squadra è stato il surriscaldamento che si è generato nella prima parte della gara per cui ai piloti è stato “imposto” di veleggiare a partire da un certo punto dei tratti veloci e prima di entrare in curva.
Una situazione che inesorabilmente si ripercuote sui tempi nel giro e non ha consentito ad Hamilton di recuperare sulla precaria partenza che gli ha fatto perdere 3 posizioni, sino alla bandiera a scacchi.
La messa a punto della monoposto in pista, per quanto riguarda la gestione del raffreddamento in funzione di quanto recepito al simulatore ed in funzione degli aspetti aerodinamici si è dimostrata, alla temperature del tracciato, non idonea e conforme alle aspettative ed alla necessità del ritmo sul giro a fronte della concorrenza.