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Transizione elettrica nella Motor Valley

La transizione ecologica-elettrica nella Motor Valley è molto più di un salto tecnologico; implica un cambiamento che coinvolge, seppure in modo diverso, tutti i pezzi della filiera tradizionale, ne modifica profondamente l’organizzazione interna, ne accelera l’evoluzione, e assorbe nuove competenze.

La transizione è ancora un processo fluido e la Motor Valley lo affronta “all’emiliana”, con flessibilità e capacità di adattamento che vanno ben oltre la meccanica. In un mondo di piattaforme condivise, i grandi player di nicchia non potranno che puntare sull’esclusività. E il sistema della fornitura dovrà saper competere su scala globale.

Ma attenzione: la sfida della transizione non è la stessa nei vari segmenti della filiera. Alcuni sono già più avanti, spinti dalle richieste del mercato come chi produce impianti. Questi hanno già visto calare la domanda dalla filiera tradizionale in modo consistente e crescere la domanda «elettrica».

Analogamente anche i produttori finali stanno riorientando velocemente la loro progettazione e produzione.
La componentistica è invece più lenta, sia perché ha ancora volumi garantiti dall’industria tradizionale, sia perché ha oggettivi problemi a passare dalla filiera endotermica a quella elettrica, soprattutto per chi si occupava di motori.

Allo stato dell’arte le risorse aventi competenze specifiche sono troppo poche e ne emerge impellente la necessità di reclutare competenze al di fuori della Motor Valley senza volersi arroccare solo nei confini nazionali, ma spaziare all’estero.

La transizione della filiera dalla mobilità tradizionale alla mobilità elettrica richiede competenze specifiche che in alcuni casi vanno affinate e riorientate verso ambiti applicativi di frontiera e/o di confine tra settori diversi (meccanica, elettronica, informatica, chimica, ecc.).

Tali competenze sono tendenzialmente scarse, perché il sistema dell’istruzione/formazione fatica a produrne in numero e tempi adeguati. Ciò vale soprattutto per le alte competenze, i cui percorsi di formazione sono inevitabilmente più lunghi. Non è un problema di qualità ma di quantità.

Nella Motor Valley le relazioni tra la filiera e le università sono solide, soprattutto a monte. Ma la transizione necessità di percorsi di formazione sempre più specializzati e on the job. E sulla frontiera è indispensabile saper sperimentare coniugando investimenti dedicati con alte competenze capaci di un approccio sistemico alla R&S. Inoltre, i ritmi della R&S si fanno più incalzanti più si scende a valle della filiera, facendo del fattore tempo una variabile critica.

La transizione sta facendo inevitabilmente i conti con alcuni trade off come competenze generali/astratte versus competenze specifiche/specializzate, freschezza e flessibilità versus esperienza, sperimentazione versus gestione.