Baku La F1 è uscita dal G.P. di Baku con le ossa rotte. Gli appassionati li abbiamo sentiti esprimere dei commenti che sono quasi irripetibili. Sono pronti ad abbandona la platea per vari motivi, non ultimo un motociclismo che nelle classi 3 e 2 mostra uno spettacolo esaltante, qualche volta in eccesso ma comunque per troppo agonismo. A Baku invece si è visto un remake di quanto successo a suo tempo tra Senna e Prost, anche in questo caso tra piloti d’esperienza e titolati. I giovani per salire sul palcoscenico dell’attenzione vogliono a tutti i costi “commentare”. La cosa unica e certa è: Jean Todt e la FIA devono riprendere in mano la situazione. Non solo quella tecnica come sta avvenendo dopo il blitz di Monaco, ma anche di tutta quella serie di indicazioni che di gara in gara si presentano in dispregio assoluto della sicurezza. Si va dalle monoposto che vengono lasciate girare in pista con evidenti danni a parti delle stesse che sono di norma un pericolo, sia per il pilota interessato sia per coloro che lo seguono. Il caso Hamilton Vettel. entrambi da prendere per le orecchie e chiarire in modo assoluto quelli che sono i comportamenti da tenere al seguito della Safety Car. Come, cosa, quando e perché, tutto da mettere nero su bianco facendo ricordo al GPS per il rispetto delle norme regolamentari. Il caso di Hamilton che ha guidato con una sola mano per sorreggere una parte vitale della sua monoposto che poteva staccarsi e diventare un arma letale è stato un palese esempio di una tripla “mancanza” di sicurezza. Per il pilota stesso e per tutti gli altri operatori presenti in pista, commissari compresi. Eppure… per ora niente di fatto. Non aspettiamo che ci scappi il problema grosso, non diciamo il morto, per correre ai ripari. C’è il tempo dovuto e necessario. Questo caso è anche un classico esempio del gioco fi squadra, ovvero il pilota non vince se alle sue spalle non ci sono uomini altamente professionali e vincenti. Un episodio analogo a quello di Hamilton, mancato fissaggio secondo norma di un componente della monoposto, costò a suo tempo la vita ad Elio De Angelis.
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