Cominciando l’ avvicinarsi del G.P. di San Marino del 1994 non so per quale recondito motivo mi venne alla mente di conteggiare quante sarebbero state le volte in cui le monoposto di F.1 si sarebbero confrontate su sul tracciato e ne feci un articolo preoccupato.
Scoprii con malcelato fastidio che si sarebbe trattato della 17a volta facendomi ripensare a quel maledetto 17 che aveva segnato alcuni momenti personali sino a quel momento.
Provavo un qualcosa che mi opprimeva ogni volta che mi recavo ad Imola per seguire quelli che erano i test che caratterizzavano il tardo inverno con la presenza, quasi settimanale delle squadre inglesi che trovavano un clima più idoneo alle loro necessità a fronte del loro Silverstone.
Erano momenti importanti per il tracciato del Santerno in un escalation di appassionate presenze del pubblico che alla fine si concretizzava in almeno 200.000 persone nel fine settimana di gara.
Ogni squadra, compresa la Ferrari, cercava di rientrare dalla fine di ognuno di questi test con la miglior prestazione assoluta. Era questa lotta a distanza che esaltava proprio la presenza del pubblico già in questi test.
Quell’anno però qualcosa cominciò ad inciampare. Senna non trovava quello che era il suo desiderio necessità della giusta messa a punto della monoposto, solo a guardarlo e sentirlo, nei commenti di fine giornata, si percepiva quella sua mancata serenità
Persino la sua posizione all’interno dell’abitacolo risultava molto più laboriosa del solito. e già questo, per sua stessa ammissione, non gli consentiva di esprimersi ai suoi soliti livelli di pilota anche in funzione dei dolori che gli si manifestavano verso la fine del lavoro in pista con lunghi ricorsi al fisioterapista.
Il tutto diventò ancora più sentita quando, nell’ultima sessione prima di quelle ufficiali, Senna doveva partecipare ad un incontro a pranzo organizzato in un famoso ristorante all’esterno della curva della Rivazza che si poteva raggiungere a piedi per parlare una nuova sponsorizzazione con una ditta italiana.
Le sue preoccupazioni per i mancati risultati della mattina ed il confronto con i suoi tecnici non solo lo fecero giungere in ritardo ma si percepiva che il suo “cervello” fosse altrove, al suo box dopo cercò di ritornare il prima possibile,
Poi il fine settimana con il terrificante incidente di Barrichello, che lo preoccupò molto, forse un presentimento dopo la morte di Ratzenberger, visto che il pilota del suo jet privato ammise poi che alla mattina della domenica in uscita dal loro albergo il comportamento di Senna era completamente diverso dal solito a fronte di quanto era l’abitudine.
Quasi assente, con gli accordi non presi, per il dopo gara ed il solito volo di rientro in Portogallo, dove, in caso di risultato positivo, era solito mettersi in cabina di pilotaggio per guidare personalmente il jet sia pure senza apposita licenza.