Il ripresentarsi del porpoising sulle monoposto di F.1 quando raggiungono velocità elevate ed utilizzano l’effetto suolo per caricare la monoposto a terra senza dover intervenire troppo su spoiler ed alettoni, hanno per primo espresso l’assoluta assenza della memoria storica in F.i.
Questo ” evento” non molto gradito, sia dai tecnici sia dai piloti in particolare, ha dimostrato, qualora ve ne fosse bisogno, che tra dire ed il fare vi è in mezzo il mare. Un mare che si è reso ancor più “burrascoso” in quanto assenti quelle particolari tipologie di sospensioni che 40anni or sono furono le protagoniste nella risoluzione del problema.
Inoltre ne nasce la certezza che accentrare la propria attenzione tecnica, solo sulla sperimentazione “virtuale” a fronte di quello che succede effettivamente in pista, sta ad indicare che il liberalizzare i test su pista, anche contingentandoli ma non al minimo come adesso, consentirebbe ai piloti di essere più concreti a fronte del lavoro al simulatore.
Un team manager di vetture da competizione, meno estreme, ci ha spesso riferito che i giovani piloti, abituati a “correre” al simulatore, in pista possono incorrere in problemi che in caso di incidenti possono avere un impatto negativo sulla loro psicologia competitiva.
Se si prende come esempio l’effettivo risparmio nelle spese di una squadra, la situazione è quasi d’equilibrio in quanto la presenza di tutti i programmi di simulazione e calcolo, per concretizzare il risultato finale, non è assolutamente a buon prezzo quando si pensa al fee da pagare per utilizzare questi programmi è da moltiplicare sul numero di ognuno dei computer di calcolo e progettazione necessari per lavorare in una squadra di F.1.
Il porpoising si scopre in particolare in pista, quando le monoposto superano certe velocità massime che sono invece impensabili nelle gallerie del vento oggi utilizzate che hanno velocità più limitate.