Dalle prime bozze circolate relative al decreto-legge sostegni, in tema di caro energia, sembra emergere che le misure prese in considerazione dal Governo sono congiunturali e non strutturali: una serie di interventi spot insufficienti a contrastare il rialzo di oltre 6 volte del costo del gas e di oltre 4 di quello dell’energia elettrica, che impediscono alle aziende, nelle prossime settimane, di poter soddisfare gli ordini che, pure, registrano abbondanti anche dall’estero.
Occorrono, invece, interventi di forte e immediato impatto come accaduto in Francia e in Germania. Nelle misure del decreto in bozza non troviamo riscontri alle proposte da noi avanzate, riguardanti in particolare: la cessione della produzione nazionale di gas ai settori industriali per 10 anni con anticipazione dei benefici finanziari l’anno 2022; la cessione di energia rinnovabile elettrica “consegnata al GSE” per un quantitativo di circa 25TWh e trasferita ai settori industriali a rischio chiusura ad un prezzo di 50 €/Mwh; l’incremento delle agevolazioni per i settori “energivori” con riferimento alle componenti parafiscali della bolletta elettrica (D.M. 21 dicembre 2017 ex COM 200/2014/UE).
La criticità principale delle misure è la mancanza di un forte impatto immediato che dia modo di lavorare insieme al Governo, nei mesi successivi, ad un piano più strutturale e di lunga durata, ed espone tutta la filiera automotive, a cui gran parte delle aziende ad alta intensità energetica fanno riferimento, un ulteriore enorme fattore di rischio, oltre a quelli già presenti per l’accelerazione della transizione energetica.
“Quest’emergenza rappresenta, e non solo per la nostra filiera, una vera pandemia – afferma Roberto Vavassori, Delegato ANFIA per l’Energia – vista la gravità per il sistema economico italiano, di cui stiamo celebrando i risultati 2021, che, pure, rischiano di essere vanificati proprio dall’elemento energia. E’ qualcosa di inaccettabile. Intere filiere industriali hanno un elevato quantitativo di ordini da evadere ma, per via del caro energia, non riescono a decidere se produrre in perdita o fermarsi.
Un altro paradosso è che a risultare avvantaggiati dalla situazione sono Paesi, anche europei, nostri concorrenti che non hanno la stessa dipendenza dal gas dell’Italia, che paga, quindi, il suo essere più virtuosa a livello di impatto ambientale.
L’intensità e l’immediatezza delle misure abbozzate nel decreto-legge sostegni sono molto diverse da quelle che noi chiediamo di mettere in gioco. Occorre creare una situazione non dissimile da quella della Francia: riformulare il meccanismo di fissazionedel prezzo dell’energia facendo giocare le rinnovabili (a presso calmierato a disposizione dell’industria manifatturiera), che oggi non sono considerate.
Dal punto di vista della filiera produttiva automotive italiana, questo intervento è quanto mai urgente e indispensabile per varie ragioni: siamo stati fortemente colpiti, nel 2021, da una serie di fattori negativi che hanno determinato una chiusura d’anno a -20% del fatturato; siamo l’unica filiera dell’industria manifatturiera a cui è richiesto, a livello europeo, il raggiungimento di obiettivi ambientali ambiziosissimi in tempi molto rapidi; anche se non tutte le nostre aziende sono energivore, dipendiamo da catene industriali ad alta intensità di energia, che ribaltano i rincari su di noi; siamo di fronte a una decisione importante del Gruppo Stellantis, che non ha mancato di mettere all’indice il costo dell’energia per programmare un ingente investimento in Italia: una gigafactory, che, per definizione, vive di energia.
Chiediamo, quindi, di mettere in campo misure che abbiano un impatto immediato nelle prossime settimane, per poi definire rapidamente, nei mesi a venire, quando la tensione si allenterà, delle misure strutturali”.