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Ferrari pensiero. Una gara tra le nuvole ( meglio con i piedi per terra ndr)

Quello che si corre nel fine settimana è il ventesimo Gran Premio del Messico. La gara si è sempre disputata sullo stesso circuito, che nel corso degli anni ha cambiato nome e layout. La pista sorge a Città del Messico, nei pressi del grande polo sportivo Magdalena Mixhuca di cui portava il nome, un’area non distante dal centro della megalopoli che avrebbe ospitato anche le Olimpiadi del 1968. Il tracciato si caratterizza per un lungo rettilineo, un settore centrale misto e una parte finale che, prima dei cambiamenti introdotti nel 2015, ricordava in qualche modo la pista di Monza con una curva parabolica detta appunto “Peraltada”.

Prime edizioni. La corsa di Formula 1 inaugurale in terra messicana si tenne nel 1962 e non ebbe lo status di gara valida per il campionato del mondo. La vittoria andò a Jim Clark che salì sulla Lotus di Trevor Taylor dopo essere stato appiedato dalla sua monoposto. L’evento venne macchiato dalla morte al primo giro del giovane idolo locale Ricardo Rodriguez. Si trattò di una triste perdita anche per la Scuderia Ferrari che aveva un rapporto in essere con il 19enne messicano, che l’anno precedente era diventato il più giovane pilota della squadra di Maranello ad esordire in Formula 1, a 19 anni e 208 giorni, un primato che resiste ancora adesso. La Scuderia Ferrari l’anno seguente prese parte alla prima edizione del Gran Premio valida per il Mondiale ma andò incontro a un doppio zero con John Surtees e Lorenzo Bandini.

Riscatto. Nel 1964 la squadra si ripresentò con la stessa coppia di piloti più il fratello maggiore di Ricardo Rodriguez, Pedro, su una terza monoposto: le vetture erano in gara con la livrea americana del North American Racing Team (NART) perché Enzo Ferrari in quel periodo era ai ferri corti con le autorità sportive italiane, che non lo avevano supportato nell’omologazione come vettura GT della 250 LM concepita per la 24 Ore di Le Mans. Entrambi i titoli mondiali erano ancora da assegnare. A giocarseli in quell’ultima corsa Graham Hill con la BRM; Surtees con la Ferrari; Clark con la Lotus. Al via Clark scattò in testa seguito da Dan Gurney con la Brabham, mentre Surtees era in quinta posizione. Hill e Bandini ingaggiarono un bel duello per la terza posizione ma quando il leader del Mondiale cercò di superare l’italiano le due vetture vennero a contatto. Hill finì in testacoda e, di fatto, fuori gara. Clark sembrava dunque lanciato verso il titolo, ma a dieci giri dal termine la sua vettura iniziò ad avere dei problemi. La Ferrari ordinò a Bandini di fare passare Surtees che giunse secondo e vinse il titolo dal momento che Clark si fermò nel corso dell’ultimo giro. Per la squadra di Maranello fu grande festa: John divenne il primo, e sinora unico, pilota campione del mondo tanto nelle moto che nella massima categoria automobilistica, mentre per la Casa di Maranello arrivò il secondo titolo mondiale Costruttori.

Doppietta da paura. Nelle stagioni successive la Scuderia Ferrari non raccolse grandi soddisfazioni a Città del Messico. Nel 1970 però arrivò una doppietta. Vinse Jacky Ickx davanti a Clay Regazzoni ma la corsa fu all’insegna della paura. Il via venne ritardato di un’ora dopo che molti dei 200.000 spettatori avevano abbattuto le esili reti di protezione e si erano pericolosamente avvicinati al nastro d’asfalto. Dopo aver ripristinato le condizioni di sicurezza il Gran Premio prese il via ma, man mano che gli ultimi giri si avvicinavano, i tifosi tornarono a invadere i prati intorno alla pista. Ickx sfilò sotto la bandiera a scacchi nettamente davanti a tutti. Il pubblico, a quel punto, si riversò sul tracciato per festeggiare il belga e così Regazzoni e Denis Hulme, secondo e terzo, al pari degli altri piloti ancora sul tracciato, furono costretti a passare il traguardo effettuando uno slalom da brivido tra i tifosi in delirio. Nessuno si fece male, ma quella fu la fine del Gran Premio del Messico, la cui passione per il motorsport venne colpita al cuore quando anche Pedro Rodriguez perse la vita in una gara Interserie al Norisring nel mese di luglio dell’anno seguente.

Primo ritorno. Il Gran Premio più alto del mondo, si gareggia a circa 2.300 metri sul livello del mare, tornò a far parte del calendario nel 1986 sullo stesso circuito nel frattempo rinnovato e denominato Autodromo Hermanos Rodriguez. Qui nel 1990 per la Scuderia Ferrari arrivò una doppietta da ricordare. Le qualifiche furono una delusione: Nigel Mansell fu quarto, Alain Prost addirittura tredicesimo. Il warm-up domenicale lasciò tuttavia intendere che il potenziale della F1-90 autorizzava i tifosi a sognare. Dopo il via al comando si trovarono le McLaren di Gerhard Berger e Ayrton Senna, mentre Mansell era alle prese con Nelson Piquet e Prost iniziava a rimontare furiosamente dalle retrovie. Mansell superò Piquet per la terza posizione ma, a 15 giri dal termine, venne scavalcato da Prost che si lanciò all’inseguimento delle McLaren sorpassando in breve tempo Berger. Il pilota francese superò anche Senna, che poco dopo si fermò con una gomma forata, e andò a vincere. A rubare la scena a Prost negli ultimi giri furono però Berger e Mansell, in lotta per il secondo posto. Per i tifosi fu l’apoteosi quando, a pochi chilometri dal termine, l’inglese mise in atto uno dei sorpassi più belli della storia, passando all’esterno della velocissima “Peraltada” l’austriaco della McLaren.

Nuova era. Il Gran Premio del Messico è tornato in calendario nel 2015, ancora all’Autodromo Hermanos Rodriguez ma in una versione profondamente rivisitata su indicazione di Hermann Tilke, architetto specializzato in circuiti di Formula 1. Il cambiamento più rilevante è la scomparsa della “Peraltada”, sostituita da un passaggio molto lento nella cosiddetta Arena, nella quale due ali infinite di pubblico si possono godere lo scorrere a bassa velocità delle vetture. Nel 2017 a ottenere la pole position è stato Sebastian Vettel, poi quarto in gara alle spalle del compagno di squadra Kimi Raikkonen. Lo scorso anno i due piloti della Scuderia Ferrari Mission Winnow furono secondo e terzo nella gara vinta da Max Verstappen su Red Bull.

FERRARI STATS
GP disputati 987
Stagioni in F1 70
Debutto Monaco 1950 (Alberto Ascari 2°; Raymond Sommer 4°; Luigi Villoresi rit.)
Vittorie 238 (24,11%)
Pole position 227 (22,99%)
Giri più veloci 252 (25,53%)
Podi totali 768 (77,81%)

FERRARI STATS GP DEL MESSICO
GP disputati 18
Debutto 1963 (John Surtees sq.; Lorenzo Bandini rit.)
Vittorie 2 (11,11%)
Pole position 2 (11,11%)
Giri più veloci 4 (22,22%)
Podi totali 10 (55,55%)

Sebastian Vettel #5
“Il fatto di gareggiare a oltre duemila metri ha ovviamente un forte impatto sul comportamento della vettura. Scendiamo in pista con la configurazione a massimo carico aerodinamico ma, a causa dell’altitudine, l’aria è talmente rarefatta che l’effetto che otteniamo in termini di efficienza è minimo.
Proprio per questo è sul rettilineo di Città del Messico che si ottengono le punte massime di velocità di tutta la stagione. La conseguenza in negativo di tutto ciò è che la vettura è molto difficile da gestire in curva, perché non c’è il carico aerodinamico che normalmente ci aiuta ad avere una monoposto stabile e precisa. Su questa pista la macchina si muove molto, fatica a far lavorare nella maniera corretta le gomme ed è complicata da interpretare anche nelle sensazioni che comunica al pilota.
Il giro di pista è piuttosto breve ma non è affatto semplice azzeccare tutto nel migliore dei modi. Negli scorsi anni siamo sempre stati competitivi in Messico anche se la Red Bull lo è stata di più. Siamo tuttavia fiduciosi di potercela giocare, vediamo cosa succede quando scendiamo in pista”.

Charles Leclerc #16
“Il circuito del Messico è del tutto particolare. Si gareggia oltre i duemila metri e tutti i team scendono in pista con il massimo carico aerodinamico ma, nonostante questo, la vettura si comporta in maniera strana e il livello di grip è sempre molto basso.
Qu questa pista ho avuto modo di disputare una sessione di prove libere nel 2017 e la gara dello scorso anno, quindi posso dire che si tratta di uno dei tracciati che conosco di meno. Detto questo, per le caratteristiche che lo contraddistinguono questo circuito mi piace, anche per via dei muretti che sono sempre molto vicini e a me come pilota piacciono parecchio.
Anche l’atmosfera è speciale, come lo è guidare nella zona dell’Arena nella quale è possibile vedere le due ali di pubblico che fa il tifo sugli spalti”.

Mattia Binotto Team Principal
“Dopo due gare nelle quali avremmo potuto fare meglio, ci presentiamo in Messico con la voglia di portare a casa il massimo risultato. Cercheremo di conquistare la sesta pole position consecutiva per poi puntare alla vittoria.
Quella messicana è tuttavia una pista ricca di insidie, alcune delle quali sono legate al fatto che si gareggia a oltre duemila metri, il che rende la messa a punto dell’asseto e dei settaggi della Power Unit molto difficile con regolazioni specifiche.
Il circuito propone curve di diverso genere ma anche lunghi rettilinei sui quali di anno in anno vengono battuti i record legati alle velocità di punta. Il compromesso tra top speed e velocità in curva detterà le scelte di carico aerodinamico con le quali scenderemo in pista.”