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Quella immagine solarizzata la volle e me l’autografò

Uno dei tanti ricordi di Niki Lauda è questa immagine solarizzata che gli ho scattato all’ingresso della curva parabolica a Monza.

L’immagine gli piacque quel tanto da volerne una coppia, oltre ad autografare l’originale.

La sua concentrazione, attenzione e precisione si può sintetizzare in uno dei suoi comportamenti caratteristici durante le soste ai box in cui era abituato a rimanere all’interno dell’abitacolo “per sentire sempre la monoposto come un corpo unico con me stesso”.

Allora le soste per i lavori di routine, se non pioveva, avvenivano all’esterno dei box con le monoposto che rimano in corsia per lo spettacolo del pubblico e degli addetti ai lavori presenti in corsia.

Quando la monoposto veniva alzata sui martinetti per il cambio gomme, per le regolazioni di assetto e spurgo dell’impianto freni, Lauda era solito appoggiare le mani incrociate sul petto e chiudere gli occhi.

Difficile definire questo momento come ulteriore concentrazione o momento di riposo e relax.

Una cosa è certa nel suo io vi era sempre la massima concentrazione su quanto avveniva attorno a lui ed alla sua monoposto quando ne era all’interno, per cui non appena sentiva il caratteristico movimento dei meccanici per togliere i cric e mettere la sua Ferrari sulle proprie ruote, velocissimo dava un colpo al volante in modo da ottenere il massimo dello sterzo a sinistra.

Manovra impeccabile, in modo che gli fosse subito possibile uscire dalla sosta una volta innestata la prima marcia ed ottenuto il via libera dal fido Ermanno Cuoghi suo capo meccanico, senza dover chiedere ai meccanici di dover spingere la monoposto in dietro per fare manovra.

Si tratta di una piccola attenzione che era comunque molto apprezzata e sinonimo di quella “perfezione” che gli era caratteristica nelle doti di pilota che colpirono tanto Clay Regazzoni, tanto da suggerirlo ad Enzo Ferrari, suggerimento che costo allo svizzero l’opportunità di vittorie iridate con la Ferrari.