Quando un’azienda sviluppa prodotti altamente tecnologici, la segretezza è fondamentale e ogni precauzione ha la sua importanza.
Durante lo sviluppo della DS19, le misure di sicurezza adottate furono assolute, specialmente dopo che, nel 1952, un noto periodico francese aveva pubblicato disegni tecnici incredibilmente precisi del motore a sei cilindri che a quel momento era in fase di collaudo.
Da allora anche il celebre Bureau d’Etudes, il centro studi di Parigi, venne diviso in compartimenti stagni e solo due o tre persone, i “padri” della futura DS, avevano il permesso di accedere a tutti i reparti. Per tutti gli altri funzionari le porte vennero chiuse a chiave e chi, ad esempio, si occupava delle rivoluzionarie sospensioni non aveva accesso allo studio di Bertoni dove si creava l’incredibile carrozzeria della futura Grand Routiere francese.
Finché si trattava di disegnare o realizzare singole parti, tutto bene. Le difficoltà arrivarono il giorno in cui fu necessario vedere la macchina completa: mancavano pochi mesi alla data della presentazione, fissata per il 5 ottobre del 1955 e non esisteva ancora una sola DS19!
L’incredibile mole di innovazioni che andavano dal cruscotto in nylon in un solo pezzo alle maniglie di sicurezza, dalla sospensione allo sterzo e cambio servoassistiti come a dettagli quali la forma delle bocchette di aerazione non erano ancora state brevettate, proprio per paura che qualcuno potesse vedere all’ufficio brevetti i disegni di queste parti prima che venissero prodotte.
Per preservare i segreti della nuova ammiraglia, fu deciso che le prime trentadue auto necessarie per il Salone di Parigi del 1955 e per gli eventi successivi non sarebbero state prodotte sulla catena di montaggio (che ovviamente non esisteva ancora) ma a mano… dai progettisti stessi!
Fu così allestito uno speciale locale all’interno della fabbrica di Quai de Javel, isolato dai reparti tramite delle alte pareti in legno che lo proteggevano da sguardi (e obbiettivi) indiscreti e fu battezzato “le bocal”, il barattolo, come per sottolineare la sua ermeticità.
Lì, lavorando giorno e notte, furono costruite le prime trentadue DS19, con i pezzi che entravano in carrelli telonati ed operai che potevano arrivare sino alla porta esterna e poi dovevano lasciare il carello nelle mani dei progettisti: il designer Bertoni, ad esempio, col suo assistente Dargent si occupava della carrozzeria, Lefebvre e Magès dello chassis e dell’idraulica, Sainturat e Becchia del motore finché ogni più piccola vite andò più o meno al suo posto.
Solo alla rivista Paris Match fu permesso di entrare nel Bocal e scattare qualche foto per un servizio che sarebbe dovuto uscire il 5 ottobre con tanto di foto copertina dove la Dea delle automobili era accompagnata dalla sua madrina (italiana!): la divina Gina Lollobrigida.
Quelle trentadue DS furono le prime mostrate al mondo, le prime affidate in prova ai giornalisti, le prime esibite nei Saloni dell’auto in tutto il mondo; nessuna di loro fu mai venduta ai clienti poiché la produzione fu avviata in novembre e nel 1956 la catena di montaggio iniziò a girare ad un buon regime. Contraddistinte da uno speciale numero di telaio che inizia con le lettere ELV (abbreviazione di “valutazione”) rimasero all’interno della pista prove di Citroën e vi furono sperimentate le successive modifiche e gli sviluppi destinati alla grande serie. Oggi ne resta una, la trentunesima prodotta, custodita al Conservatoire Citroën ed è certamente la più vecchia DS al mondo.