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Sulla Ferrari 750 Monza si uccise nel 55 a Monza Alberto Ascari

Il nome della Ferrari è da sempre, nel bene o nel male, legato in modo dissolubile a quello dell’Autodromo di Monza.

La nuova “barchetta” presentata in queste ore, doveva invece rimanere un segreto sino al prossimo salone dell’automobile di Parigi dove sarebbe stata la reginetta, porta un nome importante quello di Monza, nello stesso tempo legato ad una vettura sport del 1954-1955 che aveva però un tristissimo e bruttissimo soprannome “l’Assassina”.

Su questo appellativo si è fatto e si fa un gran parlare anche perché ormai coloro che possono esprimere un pensiero concreto sono scomparsi, sia i progettisti, chi la costruiva e carrozzata, Sergio Scaglietti e chi la guidava.

E’ voce comune che fosse una vettura molto difficile da guidare in quanto l’impostazione del telaio era tale da renderla “instabile” in certe condizioni.

Si parla di un telaio che fosse caratterizzato da un impostazione più alta da terra sull’anteriore a fronte del posteriore, situazione che alle alte velocità si sarebbe materializzata con un alleggerimento dell’avantreno che “prendeva” aria e diventava portante diminuendo per dire quasi annullare il preciso effetto sterzante.

Un’altra identificazione del soprannome è legata alla tragica morte di Alberto Ascari sul tracciato di Monza dove si era recato, dopo le dimissioni dall’ospedale per l’incidente di Montecarlo, per provare proprio uno sviluppo della 750 Monza su sollecitazione dei suoi amici Villoresi e Castellotti, che erano impegnati inc questi test di sviluppo sul circuito brianzolo.

Un incidente mortale, che anche a distanza di anni, non ha trovato una giustificazione plausibile in una caleidoscopio ipotesi di possibili situazioni.

Si parte dall’errore umano, proprio nel punto molto veloce in cui poi è stata realizzata la variante nota come Ascari, per passare poi ad un possibile malore in conseguenza del precedente incidente, ad un guasto meccanico sino a giungere alla fatale e tragica presenza in pista di una persona in un momento in cui, in effetti, le prove avrebbero dovuto essere sospese per la pausa pranzo.