La storia del GP d’Italia è la storia di Monza, anche se gli statistici ricorderanno che la prima edizione si corse a Montichiari (il circuito brianzolo fu pronto l’anno dopo, parliamo del 1922…) e quella del 1980 fu disputata a Imola. E la storia della Scuderia Ferrari è intrecciata indissolubilmente con quella dell’Autodromo. Impossibile raccontare tutto in poche righe: le vittorie e la tragedia di Ascari, i mondiali di Hill, Lauda, Scheckter, l’epopea di Schumacher… I 5,8 Km di pista all’interno del Parco, le tribune-anfiteatro della Parabolica, hanno visto e creato la leggenda. Questi chilometri, una volta, erano dieci, quando il tracciato comprendeva anche l’anello di alta velocità (uno spettacolo nello spettacolo). Il circuito attuale ha poche curve e non poche insidie. Sulla carta sembra facile, ma essendo la pista con il carico aerodinamico più basso di tutto il mondiale, richiede assetti specifici e sensibilità di guida soprattutto nelle staccate, dove il pilota non è “aiutato” dalla deportanza. Spesso Monza viene paragonata a Spa per lo sforzo richiesto ai motori, ma rispetto al tracciato belga si frena molto di più e i carichi laterali (soprattutto sulle gomme) sono molto inferiori. I lunghi rettilinei e la bassa resistenza favoriscono velocità elevate, anche se difficilmente le monoposto 2017, con la sezione frontale delle gomme larghe, raggiungeranno i record del passato. Il resto lo fa il pubblico, che anno dopo anno costruisce la tradizione di una corsa irrinunciabile.
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